Museo dei Bronzi Dorati e della Città di Pergola
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Madonna in trono con Bambino e Santi

La pala di Pergola

L’opera, non datata né firmata, è stata ricondotta all’attività di Pompeo Morganti

L’opera, non datata né firmata, è stata ricondotta all’attività di Pompeo Morganti, artista fanese di cui si hanno notizie dal 1528 al 1555. Figlio del pittore Bartolomeo Morganti, si formò nella bottega paterna e insieme al genitore realizzò diverse opere, tra cui la monumentale pala di San Michele (Resurrezione di Lazzaro e San Michele arcangelo, 1534), attualmente esposta nella Pinacoteca Civica di Fano. Con il tempo Pompeo riuscì ad acquisire una certa autonomia, tanto da ottenere diverse commissioni sia da parte della comunità fanese sia da altri centri marchigiani, non solo come pittore ma anche come decoratore. Ai suoi tempi godette di una discreta fama e considerazione, testimoniate sia da un episodio narrato da Vasari, secondo cui il giovane Taddeo Zuccari venne mandato come apprendista nella bottega del Morganti, sia dalle parole di Federico Zuccari, che lo definì un “pittore di assai buon nome in quelle bande”. Da un esame delle sue opere, che non sempre presentano lo stesso livello di qualità artistica, emerge chiaramente l’influenza esercitata su di lui da Raffaello e dagli importanti artisti manieristi che in quello stesso periodo stavano realizzando gli affreschi di Villa Imperiale a Pesaro.

Nella pala di Pergola, dipinta negli anni in cui il pittore aveva raggiunto la piena maturità artistica, sono presenti raffaellismi e influssi della cultura pittorica romagnola. La tavola, considerata una delle realizzazioni più interessanti del Morganti, raffigura in alto al centro l’Eterno Padre che invia sui presenti la sua benedizione attraverso la colomba dello Spirito Santo; più in basso, in uno spazio centrale delimitato da due colonne coperte d’edera, una delle quali spezzata a simboleggiare la Passione del Cristo, è posta la Vergine in trono con il Bambino e san Giovannino. A sinistra sono raffigurati san Nicola da Tolentino, con suoi consueti attributi iconografici del giglio e del sole, e sant’Agostino, che tiene in mano un libro e indossa una stola, nella quale sono visibili immagini di santi, tra i quali è riconoscibile san Sebastiano; a destra troviamo santa Margherita d’Antiochia, protettrice delle partorienti, che riceve la corona da Gesù Bambino dopo aver sconfitto il drago attraverso il segno della croce, e santa Caterina d’Alessandria affiancata da una ruota dentata, che rievoca il suo martirio. Alle spalle dei protagonisti si apre un vasto paesaggio marino, tipico dei dipinti del Morganti, in cui si distinguono piccole imbarcazioni, ponti con strutture ad arco e uomini al lavoro sulla riva.

Nell’opera si nota una discontinuità nello stile pittorico, che risulta classicheggiante nella figura di sant’Agostino e più impressionistico, sulla base degli insegnamenti del bolognese Amico Aspertini, negli angeli musicanti che suonano la tromba, nella rigidità del panneggio e nella ricchezza decorativa. Questo gusto per i dettagli, rilevabile per esempio nel paesaggio, è forse derivato anche dalla sua documentata attività anche come miniatore.

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