Museo dei Bronzi Dorati e della Città di Pergola
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Sezione Numismatica

monete e storia

La sezione numismatica del Museo dei Bronzi di Pergola

La sezione numismatica è costituita da 241 monete, di cui 238 donate al Comune di Pergola nel 1971 con lascito testamentario da don Giovanni Carboni. Come si evince analizzando i pezzi della sua collezione, il parroco pergolese era interessato in particolar modo al periodo storico precedente e contemporaneo alle prime campagne napoleoniche.

La raccolta è formata da un’unica moneta d’oro (falso d’epoca), da alcune monete d’argento e da monete di rame, prevalentemente baiocchi, coniati tra il 1795 e il 1799 nelle seguenti zecche pontificie: Ancona, Ascoli, Civitavecchia, Fano, Fermo, Foligno, Gubbio, Macerata, Matelica, Montalto (AP), Pergola, Perugia, Roma, Ronciglione (VT), San Severino Marche, Spoleto, Terni, Tivoli, Viterbo. Verso la fine del Settecento, Pio VI (Giovanni Angelo Braschi di Cesena), avendo bisogno di fondi per finanziare la lotta contro Napoleone, accordò l’apertura di nuove zecche periferiche, che venivano date in concessione a dei privati.

Anche a Pergola si istituì una zecca grazie all’intercessione del cardinale Leonardo Antonelli, accordata il 27 gennaio 1796 e rimasta aperta fino al 1799. L’autorizzazione fu concessa al pergolese Francesco Guazzugli Bonajuti, che allestì l’officina monetale al piano terra dell’ex palazzo Malatesta (via dell’Ombra), appartenente in quel momento alla famiglia Guazzugli e oggi di proprietà comunale.

La tecnica di produzione non era molto complessa: per prima cosa veniva colato il rame fuso nelle apposite forme e trasformato in strisce poco più larghe del diametro delle monete da realizzare. Queste piccole barre venivano poi assottigliate fino al raggiungimento dello spessore desiderato, scaldate e infine fatte passare tra i due cilindri della macchina coniatrice che imprimevano su entrambi i lati le impronte delle matrici. L’ultimo passaggio consisteva nel tagliare, attraverso un altro macchinario, i tondelli dal resto del metallo, conferendo così alla moneta la sua consueta forma circolare.

Da alcuni documenti si può desumere che forse, almeno all’inizio, nell’officina pergolese il rame veniva fuso direttamente al suo interno e solo in un secondo momento acquistato in strisce di vari spessori e misure necessari alla coniazione delle monete. Quando tale metallo divenne scarsamente reperibile, si iniziò a utilizzare ogni sorta di materiale di recupero, dagli attrezzi da cucina alle statue e alle campane.

Guazzugli ottenne il permesso di coniare monete di rame del valore di due baiocchi e mezzo, due baiocchi, un baiocco, mezzo baiocco e un quattrino (1∕5 di baiocco). Fanno parte della collezione Carboni diciannove monete coniate dalla zecca di Pergola, esposte all’interno di una vetrina piramidale posta al centro della sala.

Sul dritto dei baiocchi pontifici potevano essere impresse le immagini di san Pietro (Sampietrino, del valore di 2 baiocchi e mezzo), della Madonna (Madonnina, 5 baiocchi) e durante il periodo della Repubblica Romana del fascio littorio, simbolo ripreso da Napoleone dalla tradizione romana. Dopo l’instaurazione della prima Repubblica Romana (15 febbraio 1798) molte delle zecche aperte da Pio VI chiusero, altre invece rimasero ancora in funzione, tra cui quella di Pergola, che terminò definitivamente la sua attività nel mese di marzo del 1799.

- Sampietrino (2 baiocchi e mezzo), 1797 Zecca di Pergola / Madonnina (5 baiocchi), 1797 Zecca di Roma -

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