La statua, le cui caratteristiche di fissità e rigidità erano legate probabilmente alla sua funzione di simbolo e non di immagine reale, inizialmente era forse dipinta e dorata.
La statua è un raro esempio di scultura monumentale in pietra presente nel territorio pergolese, dove a partire dal periodo medievale la maggior parte delle opere veniva eseguita in legno. Il San Secondo, datato tra il primo e il secondo decennio del 1400, potrebbe essere stato realizzato da un artista tardogotico di ambito adriatico, che forse lavorò al servizio dei Malatesta e del quale finora non sono stati rinvenuti altri lavori. La statua, le cui caratteristiche di fissità e rigidità erano legate probabilmente alla sua funzione di simbolo e non di immagine reale, inizialmente era forse dipinta e dorata. L’esame della parte anteriore sembra confermare come essa fosse fin dall’origine un altorilievo sporgente dalla parete di fondo di un edificio, forse la stessa residenza del podestà, dove rimase fino al 1631. In seguito alla devoluzione del ducato d’Urbino alla Santa Sede, il santo fu trasferito nel salone della Residenza Civica e successivamente, negli anni 1758-1760, nel nuovo Palazzo Comunale, all’interno di una nicchia posta lungo lo scalone d’onore che porta al piano di rappresentanza. San Secondo, patrono di Pergola, rappresentato in posizione frontale, è caratterizzato da fronte alta incorniciata da riccioli, volto allungato, arcate sopraccigliari e occhi perfettamente simmetrici, naso lungo e stretto, bocca sottile e mani realizzate in un modo abbastanza sommario.
È raffigurato come un giovane cavaliere in abito da cerimonia: si tratta di un’ampia pellanda (sopravveste) con maniche molto larghe e alto collo chiuso da bottoni. La veste, che scende a pieghe rigide, è lunga fin quasi alle caviglie, secondo i dettami della moda dell’epoca; il santo indossava anche delle calzature terminanti a punta, purtroppo andate perdute. Dai suoi piedi partono e salgono verso l’alto tralci di vite e grappoli d’uva che richiamano l’origine di Pergola: secondo la tradizione, il nome della città deriverebbe infatti da un pergolato di viti appoggiato al muro dell’edificio sacro più antico della città, l’attuale chiesa di Santa Maria di Piazza. Il santo tiene con la mano sinistra una lunga spada, che sottolinea il suo ruolo di protettore, e con la destra presenta il modello della città. Il plastico mostra una struttura difensiva medievale con torri sporgenti dalla cinta muraria, circondata alla base da uno steccato tipicamente trecentesco. Nella parte alta, al centro, potrebbe essere stata raffigurata anche la rocca di Pergola, riconoscibile nella robusta costruzione parzialmente nascosta da un’alta torre; nelle mura, in basso a destra, si vede chiaramente anche l’apertura di una porta.
Si narra che san Secondo, martire romano vissuto al tempo delle persecuzioni di Diocleziano e Massimiano, fu gettato nel Tevere ad Amelia con una macina da mulino legata al collo, il 1° giugno del 303. Il suo corpo venne rinvenuto sulla riva del fiume dalla nobile eugubina Eudossia Gabrielli, che gli diede sepoltura in un terreno di sua proprietà, oggi appartenente al Comune di Serra Sant’Abbondio; due anni dopo, nello stesso luogo, la donna depose anche i corpi dei martiri Agapito e di sua sorella Giustina, compatroni di Pergola. Quando dopo la metà del Duecento venne scoperta la sepoltura, ebbe inizio una contesa tra Cagli, Gubbio e Pergola per il possesso delle reliquie; il vescovo di Gubbio, per risolvere la diatriba, ordinò che fossero poste su di un carro trainato da buoi senza guida. Gli animali si fermarono a Pergola, di fronte alla chiesa di Sant’Agostino (l’attuale duomo), dove furono deposte e conservate le spoglie dei tre martiri. L’episodio agiografico potrebbe essere stato creato per sottolineare il legame tra Gubbio e Pergola, fondata proprio dagli eugubini nel 1234 circa.
Museo dei Bronzi Dorati della Città di Pergola
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